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Domande focali

a cura di F. Riotta

1 – AUTONOMIA E RICONOSCIMENTO
La disciplina Tecnologia esiste e ha una propria identità, altrimenti non esisterebbero facoltà universitarie come Ingegneria, Architettura, Agraria, ecc.; si tratta di ragionare sul modo di trasformarla in una materia scolastica. Per far questo proviamo a capitalizzare le esperienze di altre discipline: sappiamo tutti che la Scienza, al singolare, è metodo, indagine, sperimentazione, logica … mentre le Scienze, al plurale sono “ambiti” come Biologia, Chimica, Fisica, Etologia, ecc.  
Cosa possiamo dire della Tecnologia e delle Tecnologie? Perché le Scienze sono insegnate al plurale con la Scienza in dimensione trasversale e noi insegniamo nominalmente al singolare pur se i libri di testo sono pieni praticamente solo del plurale?

2 – LINGUAGGI
Come ognuno di noi verifica, la Tecnologia ha propri articolati linguaggi che la rendono “accessibile”, ma a scuola questa ricchezza è schiacciata sulle ICT e sul disegno geometrico, come se, nella quotidianità, ogni oggetto tecnologico non fosse accompagnato da istruzioni per il montaggio e l’uso dove i linguaggi verbali/simbolici descrivono sia l’organizzazione spaziale di oggetti/ambienti/eventi, sia l’organizzazione temporale dei flussi.  
Per superare questa contraddizione, quali elaborati possiamo far realizzare per l’acquisizione e la valutazione delle competenze comunicative di ambito tecnologico?

3 – CONTENUTI: LA SCELTA
Oltre al già visto problema dell’insegnamento dei fondamenti della Tecnologia, nella progettazione del curricolo triennale gli insegnanti si pongono davanti al problema di scegliere quali “argomenti” sviluppare in prima seconda e terza classe, constatando immancabilmente che non è possibile affrontare tutto. Tale dilemma nasce dalla concezione enciclopedica della conoscenza, erede del periodo storico in cui i libri erano costosi e si dovevano memorizzare le informazioni altrimenti irrecuperabili.  
Oggi che la conoscenza è diffusa, la memoria è collettiva e accessibile ovunque, la quantità di informazioni ha sviluppi esponenziali, ha senso impiegare un terzo delle 200 ore disponibili nel triennio per studiare i materiali, un terzo per il disegno e il rimanente per le altre tecnologie, ignorando temi quali la complessità, il valore del limite, la retroazione o ambiti come la manutenzione, il post-vendita, il rapporto reale bisogno/bene disponibile, ecc.?

4 – CONTENUTI: LA STORIA
Le discipline accademiche, rese nobili dalla impostazione gentiliana che ne privilegia il filo storico piuttosto che quello problematico (la didattica per mattoncini contrapposta al problem solving) trovano riconoscimento e soddisfazione reciproci collegandosi tra loro in una contemporaneità di eventi storici: non si fa Arte senza Storia dell’Arte, Musica senza Storia della musica, Letteratura senza Storia della letteratura. Inoltre sono esperienza di tutti esami di licenza media dove, ad esempio, il periodo della seconda guerra mondiale è “collegato” alla Tecnologia attraverso il Giappone con bomba atomica e conseguente energia nucleare, come se quella nazione non fosse la patria di SONY, HONDA, NINTENDO, della Qualità Totale e della moderna ingegneria antisismica.  
La storia della Tecnologia, delle invenzioni, del cambiamento della qualità della vita delle donne, dei malati, dell’igiene quotidiana, che peso hanno nella formazione dell’adulto/lavoratore consapevole? E come insegnarla senza scadere nella pedanteria e nella noia?

5 – METODI: DIDATTICA E LAVORO
La Tecnologia è una palestra per la realtà lavorativa fatta di azioni finalizzate, procedure esecutive, problemi logistici, rapporti di lavoro, ecc. La metariflessione che fa prendere coscienza non tanto delle singole soluzioni trovate, ma del metodo che ha portato a quella soluzione è il contributo che diamo al superamento del qui e ora tipico dell’adolescenza e alla comprensione di concetti quali affidabilità, professionalità, lavoro di squadra.  
Come far entrare nella didattica della Tecnologia il problem solving, la scatola nera, il decision making, il problem posing così che diventino programmi mentali?

6 – METODI: DIDATTICA E DIDASSI
Molti docenti sono stati formati col metodo trasmissivo e perpetuano tale modello senza una minima analisi critica, così che lezione/interrogazione si susseguono per 66 ore/anno; molti altri si impegnano a utilizzare la didattica operativa come ce l’ha insegnata Maria Famiglietti dalla fine degli anni ’70 sapendo che non è un episodio, qualcosa che si fa con “quegli argomenti che si prestano”, ma è una scelta professionale che gli anglosassoni chiamano coaching. Come molti ricorderanno sul concetto di laboratorio e operatività abbiamo litigato per anni.  
Dove troviamo le motivazioni per superare quel metodo di insegnamento che da studenti detestavamo in maniera profonda, impegnandoci in una rivisitazione costante della professionalità nella quale insegnare, guidare, valutare si tengono e vanno riconsiderati insieme, non separatamente (ognuno in modo diverso) o isolatamente (uno si e gli altri no)?

7 – INTERDISCIPLINARITA’
La scuola dei progetti ha pesato sulla vita professionale di molti docenti che si sono dovuti inventare forzati contributi a spettacoli di fine anno, mostre, visite guidate e simili; più in generale, il tema del contributo della Tecnologia alle attività trasversali è interno al più ampio problema del contributo al POF. Spesso nei curricoli disciplinari non è evidenziato come la materia concorra al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Collegio e questa mancanza di riflessione determina, come ricaduta, la classica separazione “ma questo è Scienze” o “ma questo è Storia” fatta degli studenti; inoltre il docente di Tecnologia può essere referente di Educazione Stradale/patentino, sicurezza, laboratorio ICT o altro, dando di sé un’immagine multifunzione.  
Come evidenziare, anche nei documenti formali,  il rapporto tra le competenze della Tecnologia (progettazione disciplinare) e la formazione generale della persona (POF)?

8 – ESAMI
L’elaborato d’esame, la tragicomica tesina, naviga in un limbo da cui emerge nel mese di maggio, determinando colossali ritardi nel processo di valutazione finale per seguire il prodotto di ciascun alunno. In realtà tale elaborato dovrebbe essere la summa di quello che, nella riforma Moratti, entrò come portfolio con il quale lo studente dimostra qualcosa. Sì, ma cosa? Oggi sappiamo che sa fare copia/incolla, pur sapendo che in sede d’esame nessuno legge questo o questi prodotti costati tanta fatica.  
E se fosse un progetto da sviluppare nel corso del terzo anno? “IL” progetto, in cui il linguaggio della Tecnologia non è applicato a un argomento, ma a un problema, con linguaggio simile al web e non ai libri, dove dimostro come ho studiato e non che cosa conosco (o meglio che cosa ho copiato)?

1 commento :

  1. Risposta n alla domanda 6
    In noi stessi, come per tutti gli aspetti della vita, preparando percorsi di apprendimento attenti sia ai processi che ai prodotti, quindi sia ai modi di giungere alle competenze, sia alla qualità misurabile degli esiti.
    Ma non solo, la metodologia didattica dovrebbe favorire la metacognizione, la coscienza cioè dei processi logici attivati, dovrebbe favorire la trasferibilità del processo logico, dovrebbe inoltre essere divertente per gli alunni e, se lo si ritiene interno al profilo professionale, anche per gli insegnanti.
    Il contenuto disciplinare dovrebbe poi essere definito in termini di conoscenze, abilità e competenze.
    Gli esiti dovrebbero essere duraturi e spendibili sia all'interno del percorso scolastico che nell'ambito sociorelazionale dell'alunno. Per farla breve aggiungo che dovrebbe favorire l'apprendimento anche delle otto competenze strategiche trasversali (imparare a imparare, progettare, comunicare, risolvere problemi, agire in modo autonomo e responsabile, individuare collegamenti e relazioni, acquisire ed interpretare l'informazione).

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